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Archive for luglio 6th, 2010

“La Cgil che vogliamo” diventa area programmatica

Logo de La Cgil che vogliamo
Quattrocento compagni in assemblea questa mattina a Roma, per dare il via alla nuova struttura interna alla Cgil, e invertire la rotta ad un sindacato “debole all’esterno e autoritario all’interno”, con un’opposizione forte, “consapevolmente di classe”, come il voto di Pomigliano insegna.

di Anna Maria Bruni

“Non c’è futuro per un sindacato che non sia radicalmente democratico”. Così Gianni Rinaldini chiude il suo intervento, a cui la sala risponde con un fragoroso applauso. E così si sintetizzano i contenuti dell’assemblea di costituzione dell’area programmatica “la Cgil che vogliamo”, tenutasi questa mattina nella grande sala dell’hotel Parco dei Principi a Roma. Una sala scelta per le sue dimensioni, pensando di ospitare un centocinquanta fra delegati e sindacalisti, per vederla poi scoppiare allo sbarco di circa quattrocento persone, metà delle quali quindi sedute per terra o in piedi lungo i muri e fin sul palco. Tantissimi compagni arrivati a Roma, molti senza avere distacchi sindacali, quindi a proprie spese, o spendendo permessi e ferie. Insegnanti e precari della scuola, ospedalieri, bancari, impiegati pubblici, e anche funzionari, Fiom, Fisac, Filcams, Funzione pubblica, e Camere del lavoro.

E allora si capisce che la battuta finale di Rinaldini in realtà segna l’inizio, l’inizio di un percorso le cui prove generali sono state sperimentate durante il congresso, per arrivare alla conferma definitiva della necessità inderogabile della costituzione di un luogo aperto, definito perciò in molti modi: “un’area senza perimetro”, dice Marigia Maulucci, “un’officina per il pensiero sindacale”, dice Mimmo Moccia, che convergono tutte sul profondo, urgente, bisogno di una autentica pratica democratica interna insieme ad una opposizione determinata dalla “consapevolezza di classe siglata dal voto di Pomigliano”. E non per caso qui scatta un altro fragoroso applauso. Due coordinate inscindibili per segnare la nuova rotta che la Cgil deve prendere, se non vuole trasformarsi in sindacato di mercato, dice Paolo Brini della Fiom di Modena, e che sicuramente sono la stella polare che guiderà il pensiero e la pratica di questa nuova struttura interna alla Cgil, che punta a sbaragliare la deriva autoritaria interna che troppi segnali, durante il congresso e dopo, ha dato e messo in atto anche con modifiche statutarie che limitano il pluralismo interno. Un punto questo sottolineato anche nel documento finale.

Ed i segnali ci sono tutti, a cominciare dai diversi interventi, come quello di Antonella Raddi della Fiom di Udine o di Giovanna Adamo della Filcams di Bergamo, che cominciano a denunciare pubblicamente prassi autoritarie nell’elezione dei dirigenti, manomissione di voti e numeri, e via discorrendo. Ma ancora la denuncia di Cornelli del Piemonte della dichiarazione del segretario generale nel corso di un’intervista al Corriere della Sera: “io scommetto sul sì di Somigliano”, che il responsabile sindacale definisce “indecente” chiamando la sala a una ulteriore presa d’atto. Ma è lo stesso Rinaldini a denunciare la rottura della pratica della gestione unitaria in molte sedi Cgil, addirittura in Emilia-Romagna, per sovrapporvi il “pensiero maggioritario” degli appartenenti alla mozione vincente. Una pratica, dice Rinaldini, adottata per primo proprio da Epifani, di cui fa parte la nomina di Susanna Camusso a vicesegretario proprio a ridosso della scadenza del suo mandato, prassi che oltre ad essere stata riesumata ad personam dopo l’abolizione per votazione, ha il sapore della successione dinastica.

Prassi che non possono che replicarsi a cascata in tutte le strutture fino all’ultima del più remoto territorio, e la cui tendenza i tanti compagni accorsi a Roma sono decisi ad invertire, per ritornare a pratiche autenticamente democratiche. Lo dicono in tanti, e lo dice il documento finale: “La Cgil che vogliamo è uno spazio libero, non è organizzazione verticale, non avrà Roma come centro decisionale a cui le altre strutture devono allinearsi, e non avrà iscrizioni d’ufficio, ma adesioni individuali e volontarie”. A questi assunti segue la formulazione delle pratiche che si propone caratterizzino le modalità di lavoro dell’area: 1. organizzazione interna assolutamente democratica; 2. titolarità di orientamento e scelte dei delegati, due assemblee nazionali annuali precedute da assemblee ai vari livelli, 3. ampia autonomia a livello confederale e categoriale, 4. adesione all’area con la sottoscrizione del documento costitutivo, ma anche apertura a manifestazioni scritte di interesse, con diritto di consultazione su scelte e orientamenti politici, 5. nessuna forma di disciplina centralistica, e decisioni non vincolanti i comportamenti individuali, 6. attività aperte alla partecipazione e ai contributi di tutti i militanti e dirigenti interessati, 7. Stesura del documento programmatico che aggiorna la mozione congressuale per l’autunno, aperto alla consultazione e alla modifica per essere presentato all’assemblea programmatica da tenersi nel prossimo autunno e sottoposto ad aggiornamenti e revisioni periodiche.

Sovranità e autodeterminazione in una struttura reticolare, questo il lavoro che “da domani”, approvato il documento finale con due sole astensioni, e “sbrigate le pratiche” per la sua costituzione, sono tutti chiamati a fare, per affrontare una fase che in pochi mesi, è lo stesso Rinaldini a ricordarlo, oltre ad essere contenuto nel documento, rischia di rivoltare la legislazione del lavoro, con l’abbattimento definitivo del contratto nazionale, già invalidato dal 70 per cento di lavoratori precari, con il collegato lavoro che introduce l’arbitrato, con la cancellazione dello Statuto dei lavoratori a favore dello Statuto dei Lavori. Una dimensione che è anche europea, è lo stesso documento a sottolinearlo, dove la crisi ha messo in evidenza l’arretratezza di una gestione economica e politica capace di “sacrificare il proprio modello sociale” sull’altare di una “competitività fondata sulla progressiva contrazione di costi e diritti del lavoro”, e che in particolare in Italia, è Mimmo Moccia a ricordarlo, ha visto da sempre un padronato campato sulla protezione, di cui Fiat è portabandiera.

E già l’area si dispone ad affrontare le prossime scadenze: la mobilitazione sotto Montecitorio nei giorni della discussione del collegato lavoro, seconda metà di luglio, e ancora il sit-in del mondo della scuola, promosso prima di tutto dal movimento dei precari, come ricorda Francesco Cori del coordinamento, che il 15, giorno della discussione del famigerato decreto 78 sulla regionalizzazione della gestione delle scuole, sempre sotto Montecitorio. Ma anche tre giorni di festa dell’area, il 23, 24 e 25, per stare insieme, discutere, confrontarsi anche con sociologi, economisti, e altri compagni. E sperimentarsi, perché come dice Franco Calitri della Fiom, “mettersi insieme è facile, più difficile è rimanerci”. Il confronto è iniziato, e con esso si scoperchiano limiti che sono anche interni. Ancora una volta è Rinaldini a ricordarlo, sottolineando che “anche noi abbiamo bisogno di scavare”. Ma non è poco cominciare a parlarsi in faccia, come è stato fatto, e soprattutto non puntare “alla spartizione dei posti”, altrimenti “ricaschiamo con tutte le scarpe negli stessi meccanismi che denunciamo”. Pochi tratti, ma precisi, per dissipare dubbi su questioni che possono apparire generiche come l’apertura alle “manifestazioni scritte d’interesse”: “Chi assume le decisioni? Chi sottoscrive il documento. Chi ha il diritto di proposta? I compagni della struttura interessata”.

Pochi tratti, ma precisi. Per delineare il nuovo organismo, le sue pratiche, i suoi obiettivi. E sopra tutti, dice Franco Grondona, quello indicato da Brecht: “dammi tempo che ti buco, disse la goccia al sasso”, “e cristo, se li buchiamo”.

Written by Redazione

luglio 6, 2010 at 6:28 PM

Pubblicato su sindacato